Siracusa è di nuovo nel calcio che conta. Alle 16:58 di un pomeriggio di maggio destinato a rimanere impresso nella memoria collettiva, il triplice fischio sul campo della Nuova Igea Virtus ha sancito ciò che un’intera città attendeva con trepidazione: il Siracusa Calcio 1924 è promosso in Serie C. Un ritorno tra i professionisti atteso sei, lunghissimi anni, un’eternità sportiva che chiude finalmente una ferita dolorosa e riapre le porte a un futuro tutto da scrivere, colorato, ovviamente, d’azzurro.
La stagione 2018/2019 si era conclusa nel peggiore dei modi: un modesto sedicesimo posto nel Girone C e, soprattutto, l’onta dell’esclusione dal campionato successivo a causa di gravi problemi societari. Sembrava la fine di una storia gloriosa, un colpo durissimo per una tifoseria appassionata e orgogliosa.
Ma Siracusa, come recita un vecchio adagio, non dimentica e, soprattutto, non si arrende. Dopo aver sfiorato l’impresa la scorsa stagione, quest’anno l’obiettivo era chiaro, quasi un’ossessione. E la promozione è arrivata nel modo più emozionante possibile: all’ultima giornata, in trasferta, in una partita carica di tensione contro un avversario ostico come la Nuova Igea Virtus.
Non è stata una passeggiata sul campo di Barcellona Pozzo di Gotto. Il Siracusa, forse contratto dalla posta in palio, è partito male, faticando a imporre il proprio gioco. Ma le grandi squadre sanno trovare il lampo anche nelle giornate meno brillanti. A metà del primo tempo, ci ha pensato Roberto Convitto, il centrocampista che proprio oggi festeggia il suo 29° compleanno, a regalarsi e a regalare ai suoi tifosi un momento speciale: una conclusione potente e precisa da fuori area che ha sorpreso il portiere messinese, sbloccando il risultato e indirizzando la partita.
A 45 minuti dalla Serie C
La ripresa si è aperta con un episodio potenzialmente decisivo: l’espulsione di Currò ha lasciato la Nuova Igea in dieci uomini. Eppure, i padroni di casa non si sono scomposti, dimostrando carattere e trovando incredibilmente il pareggio. Un fallo di Baldan su Carullo al limite dell’area ha indotto l’arbitro a fischiare il calcio di rigore. Sul dischetto si è presentato Trombino che, con audacia e un pizzico di irriverenza, ha beffato il portiere siracusano con un delizioso “cucchiaio”, facendo tremare i tifosi azzurri collegati dai maxischermi allestiti al De Simone. Ma la paura è durata solo nove minuti.
Sugli sviluppi di un calcio d’angolo, Acquadro si è fatto trovare pronto sul secondo palo, deviando di testa in rete e riportando avanti il Siracusa. Il colpo del KO, quello che ha definitivamente chiuso i conti, è arrivato ancora con un’incornata: Pistolesi è fuggito sulla sinistra, ha messo in mezzo un pallone teso su cui Maggio non è arrivato, ma alle sue spalle è sbucato Puzone che, ancora di testa, ha insaccato il 3-1 finale.
È il sigillo su una stagione trionfale, chiusa a quota 78 punti e valsa la Serie C, frutto di 25 vittorie, 3 pareggi e appena 4 sconfitte. Un cammino quasi impeccabile, impreziosito da una striscia di ben 15 vittorie consecutive (ironia della sorte, l’ultima di queste proprio contro quel Sambiase che era riuscito a battere gli azzurri sia all’andata, nella giornata d’esordio, sia al ritorno). Difficile, quasi impossibile, individuare un singolo protagonista in questo “splendido collettivo azzurro”, come definito da chi ha seguito da vicino le gesta dei Leoni.
La forza del Siracusa è stata la squadra: un gruppo capace di mostrare “cuore e gambe”, di dare sempre tutto, dai titolarissimi a chi ha trovato meno spazio ma non ha mai fatto mancare il proprio apporto. Onore e gloria a tutti loro.
Ma dietro ogni grande orchestra c’è un grande direttore. E il maestro di questa sinfonia azzurra ha un nome e cognome: Marco Turati. Arrivato in estate tra lo scetticismo di una parte della piazza – il presidente Ricci ha rivelato che a inizio stagione “c’era chi non lo voleva più” – l’ex vice di Vincenzo Italiano ha saputo conquistare tutti, partita dopo partita, con il lavoro silenzioso, i risultati, il gioco e la creazione di uno spogliatoio coeso. Non si è mai scomposto, neanche dopo la falsa partenza contro il Sambiase. Ha lasciato parlare il campo, e il campo gli ha dato ragione, regalandogli il primo campionato vinto da capo allenatore alla sua prima esperienza.
Un successo che porta la firma indelebile anche del presidente Alessandro Ricci. È stato lui a credere per primo in questo sogno, trasformandolo in un progetto “ambizioso e sostenibile”. Ha avuto il merito enorme di riaccendere una passione sopita da anni di delusioni, riportando entusiasmo sugli spalti e fiducia in tutta la città. Le sue scelte, quasi tutte azzeccate (“non ha sbagliato quasi nulla”, si legge nelle cronache), hanno costruito le fondamenta di questa promozione, compresa l’intuizione di inserire nei quadri societari l’esperienza e il carisma di una leggenda come Walter Zenga.
Il Siracusa è tornato in serie C. Ha saputo resistere alle “polemiche pretestuose piovute da Reggio Calabria”, alle “gufate settimanali”, alla pressione costante di dover vincere. Il campo ha emesso il suo verdetto inappellabile. La gioia è esplosa incontenibile, in campo e sugli spalti, reali e virtuali, del De Simone.
Immediato anche il plauso delle istituzioni, con il sindaco Francesco Italia che sui social ha esultato: “C siamo! Arriva un traguardo che sa di sudore, disciplina, visione e grande cuore! Forza leoni!”. Adesso è il momento della festa, di colorare la città d’azzurro, di leggere e rileggere “Siracusa in Serie C” altre cento volte. Oggi è un giorno bellissimo per lo sport siracusano. E, come sussurra qualcuno, il meglio, forse, deve ancora venire.